Quando ti monta la carogna

Non mi interessa discettare di diritto al lavoro. Non mi intriga entrare nel merito di collocamento mirato delle persone con disabilità. Non qui, non ora.

Il Governo, una volta tanto, a mio sommesso parere, sta combinando qualcosa di buono tentando di rendere effettivo lo spirito di una norma che ha compiuto 15 anni (e li sente tutti) ma che funziona poco e male, tanto da lasciare a casa, a sentire ISTAT quattro disabili su cinque.

Ma non mi interessa ora parlare di questo.

Il Governo è stato delegato dal Parlamento a fissare nuove regole anche su questi aspetti e, a mio umilissimo convincimento, sta andando nella direzione giusta con risvolti che potrebbero essere davvero efficaci con buona pace delle incazzose e un pochetto ideologiche reazioni di (scrivo volutamente “di”) parte della CGIL.

Ma sorvolo su tutto ciò tanto il decreto verrà pubblicato, secondo il mio marginalissimo sentore, così come è uscito dal Governo, pur sentite le accaldate Commissioni di Camera e Senato.

E poi non è questo il tema.

No, perchè quello schema di decreto legislativo ipotizza il rafforzamento della mediazione in azienda, l’adozione di accomodamenti ragionevoli per consentire al disabile di lavorare meglio, addirittura l’istituzione di un disability manager in azienda, l’adattamento delle postazioni di lavoro insomma un inusitata attenzione per l’inclusione lavorativa. La persona giusta al posto giusto: con soluzioni idonee anche la persona con disabilità può lavorare, produrre, rendere guadagnare. Ci si occupa financo di ciechi scoprendo finalmente che potrebbero svolgere anche attività lavorative diverse dal centralinista.

Ma questo sarà oggetto di altre attente e qualificate riflessioni. Preferisco non parlarne io.

Io mi sono invece limitato a leggermi da capo a fondo lo schema di quel decreto legislativo.

Formalmente è un Atto di Governo e precisamente è il n. 176 (attuativo del famoso Jobs Act).
Sì, me lo sono letto dall’inizio alla fine e poi dalla fine all’inizio.
Niente di eroico, bene inteso: è il mio lavoro leggere le fonti.

Niente di ammirevole anche perché io sono sano. Voglio dire non sono mica cieco io. Magari ho perso qualche diottria (fors’anche a causa di indicibili vizi giovanili) ma riesco ancora a leggere un testo per quanto pastrocchiato. Con me la democrazia dell’informazione funziona.

Fossi stato cieco non avrei potuto leggere quel documento neanche usando diavolerie informatiche chiamate screen reader, come non avrei potuto compulsare nessuno degli ultimi Atti del Governo (177, 178 ecc.).

Lo schema del decreto è stato redatto e digitato presso la Presidenza del Consiglio, rimbalzato dal Ministero del lavoro, emendato e corretto fino alla versione finale da sottoporre all’analisi delle Commissioni parlamentari. Indi è stato stampato (alla faccia della dematerializzazione), scannerizzato (male), e quindi trasformato in immagine, e depositato a mano presso le illustri Presidenze di Camera e Senato. Le quali Presidenze non hanno saputo fare di meglio che aggiungere la copertina, affidare il tutto agli atti e poi a caricare il capolavoro nei rispettivi siti dove lo potete reperire bestemmiando non poco.

Capre!

Oltre ai ciechi (che se la vedranno da soli), la soluzione rompe le palle anche a me: non riesco a copiare e incollare, a effettuare ricerche testuali o comparazioni. Lavoro il doppio e con questo caldo mi pesa il triplo.

Non scomodo il principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità (legge 67/2006): troppo facile! Il comportamento è un esempio da manuale di discriminazione.

Non ricordo nemmeno che la norma che disciplina l’accessibilità degli strumenti e delle informazioni risale al 2004 e che di rispetto di standard di fruibilità dei siti si discorre dagli anni 90, che esistono criteri, regole …

No! Queste prassi dettate da greve sciatteria (non saprei come altro definirla) sono la riprova che a sciacquarsi la bocca con l’enfasi buonista si è tutti capaci, ma a spingere un click invece che un altro è un sforzo sovrumano.

Allora siccome a certa gente (con rispetto parlando) entra nel culo ma non nella testa, bisogna agire di conseguenza e continuare a rompere i maroni finché certe prassi non finiscono negli archivi o nei glossari delle cose da non fare.

E così, montandomi la carogna, pochi minuti fa ho formalmente denunciato ad Agenzia Italia Digitale (Autorità competente) sia il sito della Camera che quello del Senato per infrazione delle norme sull’accessibilità, evidenziando la particolare gravità data la natura del documento.

Continuerò a farlo perchè tanto non ho nulla da perdere.
Alla fine del tormentone qualcuno si sentirà idiota.
E non sarò io. (Carlo Giacobini)