Abuso di credulità popolare

È di queste ore una bozza del sospirato decreto che, operativamente, dovrebbe attivare il reddito e la pensione di cittadinanza, atto che dovrebbe essere approvato nella prossima seduta del Consiglio dei ministri.

Esperienze consolidate ci suggeriscono prudenza di fronte a qualsiasi bozza. Potrebbe non essere definitiva, potrebbe essere rivista in un secondo momento, peggiorata o migliorata. Oppure potrebbe essere un ballon d’essai per tastare le reazioni nel Paese, mezzuccio antico adottato dai governi passati e attuali.

Potrebbe… ma l’articolazione del testo del provvedimento è dannatamente credibile e la sostenibilità economica (per lo Stato, non già per il cittadino) è reale nella sua brutalità, finalmente dopo tanti annunci assai poco convincenti.
E quindi, sperando di essere smentito dal prosieguo del cammino di quel decreto, già mi azzardo a una prima valutazione inevitabilmente mesta.

Non sono l’unico in questi mesi ad aver letto e ascoltato ripetuti proclami che annunciavano entusiasticamente l’aumento delle pensioni di invalidità “un invalido non può vivere con la pensione di 280 euro”, “questo Governo del cambiamento aumenterà le pensioni degli invalidi” e, in un crescendo, “Aumento delle pensioni di invalidità: fatto!” al momento dell’approvazione dell’ultima legge di bilancio al tramontare del 2018.

Nulla vi era in tal senso in quella norma. E, diciamolo subito, nulla vi è in questa bozza di decreto che conforti le promesse ampiamente enfatizzate da autorevoli esponenti del Governo.

La famosa pensione di cittadinanza non spetterà agli invalidi civili, ai ciechi civili, ai sordi, ai sordociechi, né ai più gravi né ai meno gravi. Fine della storia.

La pensione di cittadinanza è riservata (si fa per dire) agli over 65 anni che vivano soli o con un altro ultra65enne, che abbiano un ISEE familiare ai 9.360 euro, che non abbiano patrimoni immobiliari diversi dalla prima casa superiori ai 30.000 euro e che non abbiano patrimoni mobiliari (conti, titoli, depositi) superiori ai 6.000 (seimila euro); 8000 se sono in due. Ci arriveranno in ben pochi.

E al massimo la pensione può raggiungere i 630 euro al mese. Ovviamente chi già, in un modo o nell’altro, percepisca supponiamo 500 euro, ne prenderà 130.
Oltre alla pensione, se l’anziano vive in affitto, potrà ricevere un aiuto pari al massimo a 130 euro. Se vive in casa propria, se li scorda. Se vive con una persona che abbia meno di 65 anni, se li scorda pure ma può tentare con il reddito di cittadinanza.
E quindi? Quindi vediamo il reddito di cittadinanza, ampollosamente definito come “misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e alle esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, della libera scelta del lavoro nonché a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico che all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.”
Proseguendo addirittura con “il reddito di cittadinanza costituisce livello essenziale delle prestazioni”, il che, come si può notare, vive solo nelle più fervide fantasie.

Il reddito di cittadinanza è utile a mantenere la svolazzante promessa di alzare le pensioni di invalidità a 780 euro? Nemmeno per idea.

È uno strumento rivolto a nuclei familiari in forte situazione di disagio economico che adotta criteri piuttosto stringenti nei quali, fra l’altro, viene ben poco considerata la disabilità, ma che comunque non alza l’importo delle pensioni.

Anche in questo caso l’ISEE di riferimento è quello familiare, calcolato con i consolidati metodi, pari a 9.360 euro annui che non si possono superare. I limiti patrimoniali sono gli stessi che per la pensione. Nel caso nel nucleo sia presente una persona con disabilità, il limite di patrimonio mobiliare (titoli, conti, risparmi vari) è elevato di ulteriori 5.000 euro. Supponiamo che una coppia in cui la moglie sia disabile, non dovranno superare i 13.000 euro di “risparmi” (6000 primo componente, 2000 per il secondo, ulteriori 5000 per il componente con disabilità). Se supera quella cifra, niente reddito di cittadinanza anche se gli altri valori rientrano nei limiti.

Ma non è tutto e qui viene il bello. Oltre all’ISEE, oltre ai limiti patrimoniali invero bassi, viene posto anche un tetto di reddito familiare: 6000 euro annui. La cifra sale a seconda della composizione del nucleo ed aumenta seguendo una specifica scala di equivalenza: 1 per il primo componente, +0,4 per i familiari adulti; + 0,2 per i minori. Il massimo del punteggio ammesso è di 2,1 (sia che la famiglia sia di 5 o 10 persone). Quindi al massimo il limite di reddito (non di ISEE, come abbiamo detto) dell’intero nucleo diventa 12.600 euro l’anno.

È importante questa scala di equivalenza perché è la stessa che poi si applica per calcolare l’importo del reddito di cittadinanza. Bene: questa scala di equivalenza non prevede alcun coefficiente aggiuntivo nel caso sia presente una persona con disabilità.

Non solo: per calcolare il limite reddituale di riferimento vengono conteggiate anche le provvidenze assistenziali (pensione sociale, pensioni di invalidità, cecità, sordità…). Non sono conteggiate, invece, i trattamenti che non prevedono la prova di mezzi (tradotto: indennità di accompagnamento) e le erogazioni a fronte di spese sostenute (esempio contributi per la vita indipendente).

Non è questione marginale perché questo computo fa sì che il reddito della famiglia salga con il rischio di superare il limite fissato o che, in ogni caso, abbassi l’importo del reddito di cittadinanza.

Un esempio: un invalido titolare di indennità di accompagnamento che vive solo in casa propria, che non supera i limiti patrimoniali e che non lavora. ISEE zero, ma riceve una pensione per un totale annuo di 3713,58 euro (285,66 x 13 mensilità). Rientra fra i beneficiari del reddito di cittadinanza, ma l’importo annuo sarà solo di 2286,42, cioè 190 euro al mese. Se lavora, se li scorda. Se prende una borsa lavoro per inclusione lavorativa, pure se li scorda.

Paradossalmente i nuclei di poveri – ché di questi stiamo parlando – che siano anche persone con disabilità vengono trattati meno favorevolmente dei nuclei in cui la disabilità non abbia fatto il suo ingresso.

Ma quant’è l’importo massimo del reddito di cittadinanza? Va da 500 euro al mese per un nucleo di una sola persona a 1050 euro per nuclei con 4 e più persone adulte. Ovviamente 500 e 1050 sono le cifre massime della cosidetta integrazione al reddito. Se il nucleo, ad esempio, percepisce 5000 euro per prestazioni lavorative occasionali, quegli importi sono proporzionalmente ridotti. E se un componente piglia la pensione da invalido, pure.
Per completezza va detto che viene previsto, oltre all’integrazione al reddito, anche un contributo per l’affitto, per chi vive in locazione, fino ad un massimo di 3360 euro l’anno.

Per ottenere il reddito di cittadinanza, come ampiamente anticipato, è necessario sottoscrivere e rispettare un “Patto per il lavoro” o un “Patto per l’inclusione sociale”, due condizioni che dovrebbero innescare politiche attive con l’intento di sottrarre le persone dal circuito assistenziale, dal rischio di impoverimento ulteriore, dalla marginalità. Ciò prevede una presa in carico dei servizi, un progetto personalizzato, un monitoraggio, l’obbligo di accettare offerte di lavoro. Bene, da questi obblighi e opportunità sono escluse esplicitamente le persone con disabilità e i familiari che li assistano. Nemmeno questo è un bel segnale.

Immaginiamo ora, non senza provarne stizza, l’amarezza delle migliaia di persone con disabilità che per mesi hanno nutrito speranze a fronte di quei proclami non per ingenua credulità, ma per effettivo disagio se non disperazione.
Disagio malamente irriso alla prova dei fatti.