Come spartirsi il bottino

Bizzarro Paese il nostro già ad osservarlo da lontano. Se poi, con fascinazione da entomologi, ne osserviamo da ravvicinata prospettiva i particolari ne traiamo spesso sorpresa, stupore e, noi di rado, disgusto.

Meglio evitare, se possibile, a meno che non vengano poste domande imbarazzanti.
“Ma è giusto che il mio medico mi faccia pagare il certificato di invalidità che mi serve per chiedere una pensione di 280 euro al mese? Non c’è esenzione?” La risposta dovrebbe far arrossire molte persone di vergogna: chi ha assunto le scelte che l’hanno generata e chi continua a perpetuarle. E i retroscena di queste scelte sono tutt’altro che note ed evidenti.

In Italia per ottenere lo status di invalido civile, sordo, cieco civile, persona con handicap, o per iscriversi alle liste speciali di collocamento, è necessario presentare una domanda all’INPS e poi sottoporsi a visita.
Ma per presentare questa domanda amministrativa è prima indispensabile ottenere un certificato introduttivo – telematico dal 2011 – rilasciato da un medico che generalmente è il medico di famiglia (tecnicamente medico di medicina generale) o dal pediatra di libera scelta.
C’è una logica: il medico di famiglia è quello che meglio conosce (o dovrebbe conoscere) i suoi pazienti.
La compilazione del certificato comporta mediamente 10 minuti di lavorazione: oltre ai dati anagrafici il buon medico deve inserire i principali dati anamnestici e clinici relativi al suo paziente, quindi inviare il certificato al sistema informatico INPS (né più ne meno di ciò che fa con il certificato di malattia) e generare una ricevuta per il suo paziente.
Dopodichè si arriva all’imbarazzante momento del pagamento.
Ogni medico di famiglia opera in funzione di un Accordo collettivo nazionale stipulato fra le Organizzazioni di categoria – principalmente la Federazione dei Medici di Medicina Generale FIMMG – e il Servizio Sanitario Nazionale.
L’articolo 45 di quell’Accordo indica i compiti del medico, quelli cui deve obbligatoriamente assolvere.
Sopresa! Fra quei compiti non c’è, paradossalmente, la certificazione introduttiva ai fini dell’accertamento dell’invalidità civile.
E tutte le prestazioni che esulano da quell’articolo rientrano nella cosiddetta “attività libero professionale”. Quindi non solo è a pagamento, ma anche a discrezione del medico relativamente all’importo.
È si vero che alcuni Ordini professionali territoriali hanno formulato tariffe di riferimento, ma non sono obbligatorie né,spesso applicate dagli iscritti.
“Può il mio medico effettuare la prestazione gratuitamente?”

Sì, potrebbe, ma rischierebbe un richiamo di natura deontologica (chissà perché la deontologia prevale solo in queste situazioni): sarebbe concorrenza sleale verso i propri colleghi. Potrebbe essere “accusato”, più o meno formalmente, di agire per accaparrarsi “clienti”.
Inoltre, dal 2011, il medico ha un’altra preoccupazione di controlli fiscali. Tutti i suoi certificati sono tracciati da INPS (socio al 48% di Equitalia).
Certificati “gratuiti” a cui non corrisponda una fattura potrebbero essere sospettati di evasione fiscale.

Per questa contorta situazione centinaia di migliaia di poveracci devono, senza scampo, pagare quell’obolo al medico di famiglia o al pediatra.
Per questo dobbiamo ringraziare da un lato la “distratta” sensibilità di una ventina di Ministri della sanità (o salute) che hanno firmato e rinnovato quell’accordo e dall’altro le Organizzazioni di categoria dei medici, lobby tanto potente in questo Paese da riuscire a scantonare anche dall’obbligo – per i loro iscritti – di disporre di studi medici accessibili.
E da condizionare, in modo bipartisan, più di un Governo.

In queste settimane l’Accordo collettivo nazionale è in via dirinnovo, ma c’è da scommettere che nulla cambierà.
Perchè? Facciamo due conti.
L’ultimo dato INPS relativo alle domande di invalidità (compreso sordità, cecità, handicap, disabilità) è pari a 1.350.000. Ogni domanda può riguardare anche più condizioni, ma sicuramente ad ognuna di esse corrisponde un certificato introduttivo.
La media del costo di questi certificati è di 70 euro cadauno (cifra non casuale: sopra i 77,47 euro si applica anche la marca da bollo da 2 euro).
Una stima prudenziale ci fa ragionevolmente supporre che il “bottino” derivante da questo paradosso normativo costi circa 80 milioni l’anno ai “disgraziati” che hanno la necessità di richiedere il riconoscimento dell’invalidità civile.
Per onestà va evidenziato che quel bottino non va tutto ai medici.Infatti l’erario ci introita l’IVA.
Eh già! Mica sono IVA esenti quelle prestazioni. Nemmeno agevolate (4 o 10%). Sulle certificazioni di invalidità grava l’aliquota stessa prevista per i beni voluttuari: il 22%!
Ciò in forza di una bislacca circolare dell’Agenzia delle entrate (n. 4/E 28 gennaio 2015) che, interpretando malamente un paio di pronunce della Corte Europea, mette sullo stesso piano di trattamento fiscale le certificazioni medico legali per ottenere rimborsi assicurativi o invalidità previdenziale con quelle per accedere ai servizi e alle prestazioni assistenziali per l’invalidità civile, la disabilità, l’handicap: dalla pensione all’indennità di accompagnamento, dal sostegno scolastico al diritto al lavoro, dagli ausili alla riabilitazione. La Corte di giustizia UE non ha detto nulla di tutto ciò …
Ma questa discutibilissima indicazione porta all’Erario a dir poco 15 milioni di euro l’anno. Tutti gli anni.
Quattrini che escono dalle tasche dei cittadini. Di alcuni cittadini, ovvio. (Carlo Giacobini)