Come imbertarsi il malloppo (e farsi ringraziare)

Di rado in questi lustri ho raccolto in così pochi giorni una tale profusione di distorsioni, amnesie, mistificazioni, speculazioni di provenienza così variegata. Scenario gramo ma per certi versi illuminante dello spessore di attori in gioco, della ristrettezza delle visioni e della scarsa conoscenza dei bisogni delle persone.
Alludo alla apparentemente banale vicenda del taglio del Fondo per la disabilità. I fatti sono noti: il cosiddetto decreto “anticipi” (ormai è diventato un vezzo appioppare simpatici nomignoli ai provvedimenti), per attuare una valanga di misure che anticipano la legge di bilancio, ha dovuto raschiare il fondo del barile. E in questa operazione il Governo si è ripreso anche i 350 milioni in dotazione del Fondo per la disabilità per il 2023. Ne sono derivate a cascata una serie di reazioni.

Le opposizioni: accusano frontalmente il Governo di avere sottratto risorse destinate alle persone con disabilità e alle loro famiglie per pagare l’ormai schifato bonus 110%. A parte che il decreto “anticipi” prevede molte altre misure ma ormai quella è la narrazione, le opposizioni (PD, Italia Viva e 5 Stelle in testa) dimenticano che solo un paio di anni fa – regnava il bravo Draghi – hanno votato a favore di un uguale taglio allo stesso Fondo per pagare le guardie carcerarie, le bollette energetiche degli enti del terzo settore (che ora tacciono) e spese correlate ai vaccini.

La maggioranza: la forza più in imbarazzo è chiaramente la Lega che aveva approvatp il precedente taglio e ora si trova nella maggioranza che ne propone il secondo. Oltretutto pure il Ministro per le disabilità è in quota Lega. Fratelli d’Italia, da parte sua, si guarda bene dal ricordare che taglio analogo lo aveva già operato Draghi con il sostegno di tutt’altra maggioranza e che allora non vi erano state così veementi proteste né in Parlamento né nel Paese.

Il Ministro per le disabilità: è chiaramente nell’occhio del ciclone perché deve tenere la posizione a nome e per conto di un Esecutivo in cui il suo dicastero pesa davvero poco. È quella a cui è stato sottratto il bottino anche se il Fondo di fatto è intestato al Ministero dell’economia e delle finanze che ne mantiene occhiuta vigilanza. È quella che porta le giustificazioni di questo taglio con grande stridore di unghie su specchio. “Il Fondo serve a garantire l’applicazione della legge delega sulla disabilità”. In realtà il Fondo esisteva due anni prima della legge delega. “La legge delega non è ancora attuata, quindi il fondo non è utilizzabile”. Era la stessa motivazione usata dal Governo Draghi. “Approveremo i decreti attuativi della legge delega e quei quattrini ci verranno restituiti”. È una speranza; manca solo un “Sta scritto nelle stelle”. Per essere “restituiti” quei quattrini dovrebbero essere aggiunti nero su bianco nel relativo stato di previsione del prossimo bilancio pluriennale e non è proprio aria vista l’operazione di raschiamento appena operata. Ma, in barba a tutte le regole di bilancio, ci viene chiesto un atto di fede.

È anche l’occasione per profondere la salvifica funzione della legge delega sulla disabilità, una norma che una volta attuata dovrebbe cambiare radicalmente – a detta dei suoi corifei – la qualità della vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Vorremmo crederci se ci fossero risorse sufficienti e visioni chiare. Per ora non è stato formalmente prodotto – al di là degli annunci a profusione – nessun decreto attuativo. Quella norma detiene invece il record di rapidità di approvazione. Era una delle “riforme” (le virgolette sono d’obbligo) incardinate nel PNRR che bisognava varare in tempi strettissimi sennò saltava il banco dei finanziamenti UE. E così fu: nessun passaggio preliminare nel paludato Osservatorio nazionale disabilità (il che restituisce il valore attribuito a quel consesso), discussione blindata in Commissione parlamentare, modifiche minimali ad un testo che conserva scombiccherati passaggi e – frusta cocchiere! – pubblicazione in Gazzetta (Ufficiale, non dello Sport) fra applausi scroscianti.
Il termine per i decreti attuativi è – per ora – marzo 2024. I due più rilevanti sono quelli che riguardano la revisioni dei criteri per il riconoscimento della disabilità (da far tremare i polsi) e quello sulla valutazione multidimensionale, che dovrebbe essere poi alla base del “progetto di vita partecipato personale individuale bla bla bla”. E anche qui di danni se ne possono produrre a profusione tenuto conto anche delle risorse realmente disponibili e delle aspettative abilmente propalate.

Ma tant’è: “non ci sono i decreti attuativi; il Fondo lo spediamo per altro”.
E a questa narrazione si adegua supinamente anche certo associazionismo che accorre in soccorso del Ministro per frenare eventuali polemiche: troncare, sopire …
A leggere le dichiarazioni del presidente di una delle maggiori e onnipresenti federazioni non c’è nulla da temere: “è stata data rassicurazione che quelle stesse risorse verranno assegnate al biennio 2025-2026, quando potranno realmente essere utilizzate per dare appunto attuazione alla legge delega in materia di disabilità”.
Nella sostanza non esistono emergenze, urgenze, necessità al di fuori del palingenetico percorso di attuazione della legge delega. Famiglie e persone devono attendere sgranando il rosario e facendo i conti, ad esempio, di quanto sia aumentato il costo di badanti e operatori. Non ci sono ristori, bonus, interventi straordinari per loro, non ci sono ambiti su cui orientare quei 350 milioni in attesa di salire su quell’Arca di Noe chiamata “legge delega”.
E in fondo, come ci suggerisce quel presidente, dovremmo pure ringraziare infatti; cito: “la scelta politica è stata quella di trasferirle al fondo che copre gli oneri per il Superbonus e per gli altri bonus del settore edilizio. Su questi ultimi, va in ogni caso ricordato, rientrano anche tutte le agevolazioni per la realizzazione di interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti.” Sopire, troncare … a costo di scadere nel ridicolo come chiunque sia più realista del re o che corra in soccorso del vincitore.

Possiamo essere ottimisti? No. Assolutamente no.
Siamo circondati. Altri parleranno, ringraziando, al posto nostro e a nome nostro.
Siamo circondati: conviene uscire con le mani in alto e credere che quella che ci cade in testa è davvero solo pioggerellina.