Fatevi il bagno ché è ora!
Social, web e buona vecchia carta stampa mi propongono compulsivamente di rimettere a posto il mio bagno, di sostituire la vecchia vasca con una rutilante doccia con piatto a filo pavimento, di cambiare gli igienici e piastrelle ormai retrò. Il tutto è magistralmente supportato da efficaci video accelerati che mi convincono che si può risolvere tutto con un paio di giorni di lavorazione. Ma l’argomento più ghiotto è che pagherò solo il 25%. Avete letto bene: sconticione in fattura del 75%.
Allora chiedo un preventivo, più per celia che con intenti reali, e rilevo sorpreso come i costi di una tazza wc e di un piatto doccia siano schizzati in su solo rispetto ad un pochi mesi fa. Ma il mercato – si sa – è soggetto a queste fluttuazioni (colpa di Putin, mi diranno).
Che succede? Perché tutto ciò? Perché questa febbre demolitoria?
È il magico effetto moltiplicatore del bonus barriere, quella formula – alternativa al discusso bonus 110% – che consente di recuperare i tre quarti delle spese sostenute per eliminare o superare barriere architettoniche presenti nelle unità abitative e nelle parti comuni degli edifici. È una agevolazione che è diventata più appetitosa dopo la progressiva restrizione del bonus 110% e che ancora permette cessione del credito e sconto in fattura.
Mi racconta qualche impresario specializzato a rifare bagni sprint: “Con il 75% non riusciamo a stare dietro alla domanda” “Se devi rifare il bagno e non approfitti del momento sei un somaro”.
Che dopo la febbre dell’efficientamento energetico sia salita quella dell’accessibilità? Che vi siano così tante persone anziane o con disabilità che hanno voglia, disponibilità e necessità di adeguare il solo bagno di casa?
No, la realtà è molto più banale: per accedere a quella agevolazione non è – per legge! – affatto necessario che in quell’abitazione ci viva una persona con disabilità o anziana non autosufficiente. Dunque chiunque può rifare il bagno invocando l’abbattimento delle barriere e giovandosi di un grande sconto a carico dell’erario.
Un vincolo in realtà l’Agenzia delle entrate l’avrebbe nitidamente richiamato: per ottenere il bonus e lo sconto in fattura le opere devono rispettare gli standard di legge. Li troviamo, volendo, in un decreto (il 236) del 1989 che fissa i requisiti a cui adeguarsi per garantire l’accessibilità: misure, spazi di manovra, pendenze, altezze, larghezze. Li precisa il decreto per gli ascensori, per i corridoi, per le porte e per molti altri elementi inclusi per l’appunto i servizi igienici. In sostanza non basta certo una doccia a filo pavimento per rispettare i requisiti né per rendere magicamente un bagno accessibile. Se vivo su sedia a ruote e fra water e bidet ci passa a malapena una gamba quel bagno non fa per me.
Qualche progettista serio mi faceva anche notare come in tutto questo baillamme vi siano contraddizioni insolubili interrogandosi se abbia financo senso finanziare il rifacimento di un bagno, quand’anche accessibile, senza verificare che il contesto e i percorsi consentano effettivamente di raggiungerlo senza incontrare barriere. In parole povere che non sia posto al termine di una rampa di scale …
Chi controlla che i nuovi bagni agevolati e pagati con soldi nostri siano effettivamente – o anche solo lontanamente – accessibili? L’Agenzia delle entrate? Con quali competenze? O forse gli uffici tecnici comunali? Ma se non riescono a controllare nemmeno le nuove edificazioni!
Semmai un domani dovesse scoppiare questo bubbone – e potrebbe avvenire quando al MEF scopriranno effettivamente quanto è costato – sarà divertente osservare come verranno attribuite responsabilità e sanzioni: al committente? All’impresa? Al tecnico?
Già leggo i titoli ad effetto “i furbetti delle barriere”…
Comunque vada, per favore, non raccontateci – come qualcuno ha già fatto – che quella è stata una spesa per la disabilità.