La riformona e la cartuccella

“La malattia è un male per il malato,
ma un bene per il medico.”
(Protagora, 500 anni prima di Cristo)

Fra le plaudite novità della riformona delle modalità di accertamento delle disabilità – all’esame delle Camere in questi giorni e prossimamente in Gazzetta Ufficiale – c’è anche un deciso intervento su chi scrive il certificato introduttivo, quella cartucella già oggi indispensabile a chiunque voglia chiedere il riconoscimento di una minorazione civile o di un handicap (legge 104/1992) e poi di godere dei benefici correlati.
Com’è oggi? Oggi ci si rivolge ad un medico che abbia le credenziali per operare sul sistema INPS. Questi redige, più o meno controvoglia, il cosiddetto certificato introduttivo, indica le generalità del paziente, sintetizza l’anamnesi, puntualizza per quali accertamenti si rilascia il documento e altri particolari, ad esempio se si tratta di un paziente oncologico e se, a suo avviso, ricorrono i presupposti per la concessione dell’indennità di accompagnamento. Non deve dimenticare poi di indicare con quale medico di categoria (4 le associazioni ammesse) deve coattivamente integrare la commissione.
Di solito chi compila è il medico di famiglia o il pediatra di libera scelta, ma anche gli specialisti possono già oggi disporre delle credenziali per operare nel sistema INPS.
Questa impresa, per i medici di famiglia e per i pediatri, rientra fra le attività libero professionali. In quanto tale il paziente paga la relativa parcella. Non è una prestazioni di quelle previste dagli Accordi fra i medici di medicina generale (o pediatri di libera scelta) e il Servizio Sanitario Nazionale. Recentissimamente è stato sottoscritto il nuovo accordo ma il Ministero ha dimenticato di inserire anche questa prestazioni fra quelle oggetto dell’Accordo. Le famiglie e le persone con disabilità ringraziano.
Una volta in possesso del certificato introduttivo si può presentare la domanda vera e propria per la valutazione dell’invalidità o dell’handicap (104). O lo si fa autonomamente o, meglio, ci si rivolge ad un patronato sindacale o ad una associazione di categoria.
Chi lavora agli sportelli sa bene quanto siano frequenti pastrocchi sui certificati introduttivi che si deve tentare di correggere in sede di domanda. Un esempio per tutti: la richiesta per la valutazione sia dell’handicap (104) che per l’invalidità, quando magari quest’ultima è già stata riconosciuta da un giudice con tanto di indennità di accompagnamento. Oppure, un certificato che non segnala la presenza di una patologia oncologica… Oltre ad altri errori formali.

Ma arriva la riformona e vediamo come “cambia tutto”. È interessante sul punto leggere sia il testo dell’approvando decreto che la relazione tecnica.
Come se fosse una titanica novità il decreto stabilisce che, prioritariamente e invocando il principio di prossimità al contrario, il certificato sia rilasciato “dai medici in servizio presso le Aziende sanitarie locali, le Aziende ospedaliere, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i centri di diagnosi e cura delle malattie rare”. Per loro non è necessaria nessuna specifica abilitazione o dimostrare competenze. Si presuppone che già ce le abbiano fra loro cognizioni.
Di rincalzo, a compilare il certificato introduttivo restano “i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, gli specialisti ambulatoriali del Servizio sanitario nazionale, (…), i liberi professionisti e i medici in servizio presso strutture private accreditate.” Tornano buoni pure i medici in quiescenza iscritti all’albo.
Per questi però le maglie – negli intenti del decreto – sono più strette: i sanitari dovranno produrre la documentazione relativa alla formazione in educazione continua in medicina “in materia di classificazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o di promozione della salute o di accertamenti sanitari di base ovvero di prestazioni assistenziali”. In pratica questi medici, per poter rilasciare il certificato introduttivo, dovrano dimostrare di essere in possesso dei crediti ECM derivati da corsi specifici sulle Classificazioni internazionali (ICD e ICF). Nella sostanza si immagina – ora – che queste conoscenze rientrino fra quelle basilari che hanno consentito il conseguimento della laurea.


Una visione ben strana della realtà. Le credenziali che oggi sono necessarie per elaborare il certificato introduttivo sono le stesse che servono per compilare e rilasciare un certificato di malattia o per chiedere una valutazione medica previdenziale. Dunque? Gli revochiamo le credenziali? Li abilitiamo solo per alcune attività?
Davvero pensiamo che i medici di famiglia muoiano tutti dalla voglia di compilare certificati introduttivi che oltretutto diventeranno più complicati e con nuove responsabilità amministrative? Io non credo, nemmeno ben sapendo che oggi sono a pagamento.
Temo che ne uscirà un effetto indesiderato: un crollo verticale dei potenziali medici in condizione di rilasciare il certificato introduttivo: “Andate dallo specialista, andate in reparto, andate alla ASL, io non sono più abilitato!”. La conseguenze e le disparità che ne derivano sono immaginabili. Chi ha la fortuna di essere seguito da un buon centro specialistico di riferimento potrebbe essere avvantaggiato. Ma chi tribola anche per ottenere un controllo di routine si trova in tutt’altra condizione.

Forse poi non è chiara l’altro risvolto della riformona, presentato come eccelso esempio di semplificazione: il certificato introduttivo di fatto sostituisce anche la domanda di accertamento. Quello che ha scritto il medico – integrato anche delle informazioni amministrative – è sufficiente. Questo è solo apparentemente un vantaggio: quello che oggi è a tutti gli effetti un doppio controllo (medico e patronato) che in qualche modo contiene gli errori formali e sostanziali, verrà rimosso con i rischi di ingarbugliati pastrocchi che saranno pagati dal cittadino.
Domani come oggi.