Inclusione: bella parola, evocativa di rosei scenari di giustizia e di felici comunità senza conflitti. Andrebbe usata con cautela e parsimonia evitando di giustapporla impropriamente perché sennò – come ha chiosato qualcuno – anche le parole si consumano e scolorano. Siccome però ha un suono suggestivo non è infrequente che ne risulti poi stridente con la realtà dei fatti.
Forse sospinto da quell’afflato, quando il Governo ha deciso di sopprimere il reddito di cittadinanza – misura sul cui loculo non reciterò di certo l’elogio funebre – è caduto nella tentazione di battezzare la nuova provvidenza come “assegno di inclusione”. Che sia un assegno è fattuale.
Nel rimpiazzare il reddito di cittadinanza ne ha ridotto drasticamente la platea, ne ha mantenuto nella sostanza il rigore dei criteri di accesso e – a parole – ha riservato l’assegno all’inclusione dei nuclei poveri (usiamolo questo termine), con minori, anziani e persone con disabilità. Sorvoliamo sugli importi erogati non tali da modificare radicalmente la vita dei beneficiari, ma almeno a consentire qualche spesa in più. Ecco, forse è più un intervento per la povertà assoluta che non una nuova garanzia di inclusione sociale. Ma tant’è: in apparenza sembra positivo o perlomeno suona bene.
Epperò, nel timore – possiamo forse affermare che sia infondato? – di elusioni ed abusi, contemporaneamente il Governo, con l’avallo delle Camere, è intervenuto con qualche ritocchino all’ISEE, lifting che è diventato operativo dal primo gennaio scorso.
L’ISEE misura e pondera la disponibilità economica delle famiglie; ne soppesa la composizione, le disponibilità reddituali e patrimoniali. Chi sta sotto una certa soglia può fruire di prestazioni sociali agevolate (anche l’assegno di inclusione). Chi sfora ne rimane escluso. Lo chiamano universalismo selettivo e l’ISEE ne è il bisturi.
C’è – dicevo – un ritocchino dal 2024. Riguarda la composizione del nucleo. Solitamente si considerano i familiari che convivono nello stesso nucleo con qualche eccezione e si conteggiano i redditi e i patrimoni di ciascuno. C’è poi qualche eccezione: in alcuni casi nel novero dei componenti vengono attratti (termine tecnico) anche familiari che non vivono nel nucleo. Non è una faccenda marginale quella del computo dei familiari e quindi dei loro redditi e patrimoni, perché modifica verso l’alto o verso il basso l’ISEE e dunque l’accesso o l’esclusione da prestazioni sociali.
Qual è la novità introdotta (o reintrodotta) dal 2024? I figli che vivono all’esterno del nucleo di origine, indipendentemente dall’età e se non sono coniugati o con figli, ai fini dell’ISEE, sono attratti nel nucleo dei genitori nel caso siano fiscalmente a loro carico.
Sono considerati a carico fiscale dei genitori quando non dispongano di un reddito superiore ai 2850 euro annui.
Potrebbe sembrare una disposizione innocua e un’evenienza poco frequente. Forse un paio di esempi la fanno comprendere meglio.
Andrea, giovane con disabilità, dopo un difficile percorso di transizione alla vita adulta, ha trasferito la sua residenza in un miniappartamento dove vive con gli opportuni sostegni. Non ha redditi; i suoi genitori sono rimasti nella casa d’origine. Gli farebbe comodo poter contare sull’assegno di inclusione, ma quando redige l’ISEE viene attratto in quello dei genitori e perde ogni possibilità di riceverlo.
Gina, persona con seri problemi di salute mentale, ha lasciato la casa della madre (vedova) e ha trasferito la sua residenza in un gruppo appartamento. Ha 50 anni, ricerca la sua indipendenza, ma non ha redditi imponibili, dunque è virtualmente a carico fiscale della madre. Anche lei attratta nell’ISEE materno, perde l’assegno di inclusione e ogni altra prestazione sociale che preveda la presentazione dell’ISEE ordinario.
Mi è chiara la finalità del restyling delle regole ISEE, ma non posso che sobbalzare di fronte a questi effetti distorsivi che con l’inclusione non hanno nulla a che vedere, che fanno a pugni con l’autodeterminazione che vorremmo favorire, che stridono fastidiosamente con gli impegni per la transizione alla vita adulta e per il potenziamento dell’autodeterminazione e della vita indipendente. Financo con il “dopo di noi”.
Se sei disabile e senza redditi, puoi fuggire dove ti pare, ma per INPS e Agenzia delle entrate, e per i loro mandanti politici, sarai sempre a carico di tuo padre e di tua madre, avessi anche 70 anni.
E sia: ma risparmiateci, per decenza, quella parola: inclusione.